Scie chimiche, dietrofront del comitato. E piovono accuse
Pordenone,
cambiati nome e credo: «Noi ingannati, colpa dei campi
elettromagnetici». Critiche sui social
di
Ilaria Purassanta
29
maggio 2015
PORDENONE.
Stop scie chimiche? Non più. Dal 26 maggio il comitato spontaneo
pordenonese dà battaglia ai campi elettromagnetici. Ma la svolta, di
nome e di fatto, finisce nel mirino dei social, additata come un
«voltafaccia». Pronta la replica degli attivisti: «La nostra è
una presa di coscienza».
Non
solo è cambiata la denominazione del comitato da “Presidio stop
scie chimiche” a “Stop modificazione climatica Pn”, ma anche la
professione di fede. Sul profilo social del gruppo (che peraltro come
“Stop scie chimiche” si era guadagnato più di 14 mila “mi
piace”) viene proclamata l’abiura del precedente credo, di cui
permangono, a imperitura memoria del web, alcuni post, l’ultimo dei
quali di soli 15 giorni prima.
Gli attivisti, protagonisti di numerose iniziative e manifestazioni da Pordenone fino a Bruxelles, tramite la collaborazione di un europarlamentare, allargano le braccia, rivelando di essere rimasti vittima di un inganno, ma in completa buonafede.
Gli attivisti, protagonisti di numerose iniziative e manifestazioni da Pordenone fino a Bruxelles, tramite la collaborazione di un europarlamentare, allargano le braccia, rivelando di essere rimasti vittima di un inganno, ma in completa buonafede.
Traditi,
secondo quanto loro stessi raccontano, dal loro stesso “guru della
geoingegneria”. Oltre alla beffa, il danno, perché, rivelano gli
attivisti pordenonesi, ci hanno rimesso anche di tasca loro per
diffondere il documentario del guru.
La
ferita è ancora fresca, visto che soltanto l’11 maggio –
quindici giorni prima della folgorazione sulla via di Damasco – sul
profilo Facebook lanciavano l’allarme: «Continua incessantemente
anche nei prossimi giorni il sorvolo di numerosi velivoli rilascianti
scie chimiche di tipo persistente».
I
primi sospetti che le scie chimiche fossero una bufala, però, hanno
cominciato a insinuarsi nel gruppo dopo il convegno ospitato al
palazzetto dello sport di Fontanafredda alla fine di gennaio.
Né
il guru, né la sua rete di attivisti avevano promosso l’evento.
Come mai? Anzi, a osservare con attenzione i post del geoingegnere,
gli attivisti pordenonesi hanno notato che «contenevano numerose e
palesi falsità sul nostro conto».
Ovvero?
Il guru avrebbe asserito, secondo quanto racconta il fu “Presidio
stop scie chimiche”, che le pagine degli attivisti pordenonesi
sarebbero state «gestite dal suo acerrimo finto nemico o dal
ministero della Giustizia».
Secondo
gli attivisti pordenonesi il loro guru, in realtà, è un «gatekeeper
della rete»: letteralmente, «un custode del cancello», ovvero una
persona che esercita un controllo sulle informazioni, promuovendone
alcune piuttosto che altre.
«È
stato creato un immenso ologramma contro cui impegnare le energie
della gente in una finta lotta in realtà innocua per il sistema,
approfittando per nascondere la verità e arricchirsi alle spalle»
di quanti ci credevano. Orfano
delle scie chimiche, ora su Facebook il gruppo professa la nuova
teoria: «Stando alle ultime rivelazioni, quasi la totalità del
controllo del clima sia da imputarsi all’uso scientifico e
programmato di campi
elettromagnetici
tramite antenne presenti su tutto il territorio nazionale (ma ormai
mondiale) che, in qualche modo, agevolano la condensazione del vapore
in atmosfera e il suo movimento tramite polarizzazione».
Morto un papa, se ne fa un altro.
Morto un papa, se ne fa un altro.
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