domenica 1 marzo 2009

Politica e Web: un contributo di Giuseppe Civati, consigliere regionale del PD in Lombardia

Una curiosa polemica ha attraversato i giorni difficili che sono seguiti alle dimissioni di Veltroni e all’elezione di Franceschini: il confronto aspro tra i sostenitori della rete e quelli che hanno voluto riproporre un’idea tradizionale del dibattito politico e della sua organizzazione. A cominciare dal nuovo gruppo dirigente si sono sentite parole di diffidenza nei confronti dei blog e della vita politica sul web, come se si trattasse di qualcosa di parziale e, alla luce dei risultati di sabato, insignificante per il dibattito politico del Partito Democratico. Mi pare una lettura anti-moderna e preoccupante, lontana mille miglia anche dall’impostazione che lo stesso Pd si era voluto dare, attraverso un protagonismo del partito sulla rete, da Facebook a YouDem, per capirci, per non dire degli innumerevoli blogger (“di area”, si sarebbe detto un tempo) che quotidianamente pubblicano e discutono sulla rete. Si sono volute contrapporre queste forme di partecipazione e di dibattito al più tradizionale incontro presso i circoli, come se si trattasse di mondi che non comunicano. Ciò è, bisogna dirlo, molto impreciso. Tra i blogger politici più letti e ascoltati, con numeri che arrivano in vari casi a qualche migliaio di lettori quotidiani (dati che si avvicinano a quelli di alcuni giornali nazionali), si conta Marta Meo (martameo.net) che è coordinatrice di un circolo di Venezia e siede nella segreteria regionale del Veneto. O Andrea Mollica (andreamollica.blogspot.com), che segue Obama da Luino sul Lago Maggiore ed è coordinatore del Pd nella sua città, nonché membro della segreteria provinciale di Varese. E, ancora, i tanti che, pur discutendo in rete, sono anche protagonisti della vita politica all’interno della loro comunità. Non è, però, solo questo: è che il mondo è «grande e terribile» e le relazioni qualificano da sempre la vita politica, nelle diverse forme in cui si presentano e si articolano. E non sono mai pericolose, se non per chi coltiva il conformismo e l’inerzia. Non c’è alcun bisogno di una frattura tra le ‘gerarchie’ e i ‘protestanti’, che guardano alle prime con sospetto e rifiutano un confronto, ma di vasi che comunicano e steccati che cadono per diventare tutti più credibili, in un dibattito vivo e responsabile, nei circoli, sul web e, insomma, nella società. Quella vera, che vive e che comunica, non solo quella di cui parliamo nei convegni e nei comizi. Non dimentichiamoci che la questione numero uno che ci tocca affrontare riguarda la distanza da accorciare verso la politica prima ancora che verso il Pd. Il ‘solito’ Obama ha saputo trasformare relazioni virtuali in reale iniziativa politica. Personalissima e a misura di ciascuno, eppure universale e aperta a tutti. Questo non è marketing: si chiama politica.
(Unità, 1 marzo 2009)

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