sabato 21 marzo 2009

Elezioni Provinciali...le prime schiarite dopo la vittoria di Zanin alle primarie. Una rondine non fa primavera, ma l'aria fresca toglie le muffe.


Provincia, patto nel centrosinistra
Verso la super-coalizione con Zanin

Dal Gazzettino :
Sabato 21 Marzo 2009,
Pordenone Era il primo incontro di tutto il centrosinistra dopo le primarie del Partito democratico che hanno espresso Giorgio Zanin come candidato del Pd alle elezioni provinciali. Un incontro nel quale si sono poste le basi della possibile coalizione allargata del centrosinistra. Non c’è stata ancora la "fumata bianca", nel senso che non si è raggiunto l’accordo nero su bianco. Ma le premesse - a detta delle diverse forze politiche che hanno partecipato alla riunione - sembrano esserci tutte. E non è escluso, dopo che alcune parti del programma saranno riviste e riaggiustate, che la settimana prossima possa esserci il patto per la "grande alleanza" che appoggerà il 44enne professore che i militanti del Pd hanno premiato alle urne due settimane fa. È chiaro che sono state poste alcune questioni di metodo (l’Italia dei Valori ha sostenuto che Zanin è il candidato ideale, ma ha chiesto che vi sia una concertazione sulla candidatura da parte di tutte le eventuali forze politiche del raggruppamento) e che sul programma alcuni punti devono ancora essere definiti. E proprio sul programma del centrosinistra per la Provincia è stata Rifondazione comunista che ha sottolineato alcune condizioni. Un lavoro di mediazione e limatura che dovrà essere fatto nella settimana che separa dal prossimo incontro. La strada sembra, dunque, ormai spianata. Certo è che dalla riunione di giovedì sera un dato politico è emerso con chiarezza: il gioco delle alleanze nel centrosinistra è stato riavviato dalla vittoria di Giorgio Zanin alle primarie democratiche. «Se avesse vinto il candidato avversario, Sergio Chiarotto - hanno sottolineato diversi esponenti delle varie forze politiche presenti - non ci sarebbe stato il tavolo allargato sul programma e sulla possibile coalizione». Un’alleanza che - se non ci saranno ripensamenti o strappi dell’ultimo minuto - potrebbe abbracciare un insieme di partiti che va dai "Cittadini" fino a Rifondazione comunista. Un centrosinistra che riporterebbe - con un raffronto al quadro nazionale - le lancette dell’orologio politico all’Unione di Romano Prodi. Al tavolo delle trattative, giovedì sera, infatti oltre al Pd, all’Italia dei Valori e ai "Cittadini" (in realtà assenti, ma virtualmente presenti anche perché starebbero per ritirare la candidatura alternativa del sindaco sanvitese Gino Gregoris) c’erano anche gli esponenti di Sinistra e libertà (Sinistra democratica, Socialisti e gli ex Comunisti italiani che fanno riferimento a livello nazionale a Katia Belillo) e di Rifondazione comunista. Un apporto sarà portato anche dalla civica Vivo Pordenone. «Un risultato entusiasmante che verificheremo la settimana prossima», si è limitato a dire Giorgio Zanin. Che però ha voluto dare qualche indicazione in merito all’individuazione dei candidati di coalizione. Una scelta che dovrebbe basarsi su tre criteri: evitare i candidati della "doppia poltrona" (cioé chi intende mettersi in lista sia alla provinciali che alle comunali), volti nuovi che rappresentino competenza e radicamento sul territorio e particolare attenzione alla componente femminile indicando nomi femminili. D.L.

L'intervento di Franceschini all'Assemblea nazionale dei Circoli del PD

Riporto due stralci dell'intervento di Franceschini che ritengo tra i piu significativi.Per leggerlo nella sua interezza: http://www.partitodemocratico.it/gw/producer/dettaglio.aspx?ID_DOC=74568


È bello vedere tutti voi e devo dirlo a chi ha raccontato il pd sui giornali”. E' la prima frase del discorso di Dario Franceschini all’assemblea dei circoli del PD. Migliaia di segretari di circolo con i quali ribadire che “ Siamo un partito vero, un partito di popolo, che ha una gran voglia di cambiare tutto. Abbiamo un compito straordinario: disputare un partito dentro una crisi enorme, inaspettata, all’inizio di un secolo nuovo, mentre cambiano i punti di riferimento. Aiutare gli italiani in difficoltà anche stando all’opposizione. La sfida di un partito riformista è unire protesta e proposta. Un partito che denuncia con onestà la durezza della crisi, e delle sue straordinarie occasioni”. È l’occasione per ricordare i dati dei disoccupati forniti dall’ISTAT, che sono di prima che esplodesse la crisi: 14 milioni di famiglie con meno di 1300 euro al mese, 10% senza spese mediche, 16% senza vestiti. Numeri prima della crisi di settembre, quanto sono peggiorati. Da qui l’affondo a Tremonti: “A che serve rivendicare di esser ei primi a prevederlo se poi non si agisce? Perché se sono stati così bravi poi hanno fatto tutto a rovescio buttando 5 miliardi tra Alitalia e ICI? Perché hanno detassato gli straordinari, tassato le banche e poi le hanno aiutate? Perche non iniziare dai redditi bassi? Perché nascondere la crisi, negarne l’esistenza e parlar d’altro? C’è il tentativo di nascondere tutto parlando di giustizia, intercettazioni, del caso Englaro? Sono armi di distrazione di massa, ma la gente non ci casca”.………
Riconquistare i democratici delusi. “È nata una speranza comune. Dobbiamo anche costruire il partito che non è ancora costruito, lo stiamo costruendo. Fa bene riflettere ma smettiamola di parlare dei nostri limiti e abbiate l’orgoglio di quello che è stato fatto in pochi mesi. Diamanti parla di esuli in patria: questi sentimenti si provano verso una cosa alla quale si stente di appartenere, non a una cosa lontana. È lì che dobbiamo lavorare. Servono circoli aperti nel territorio. Dobbiamo essere mobilitati, aperti. L’assegno di disoccupazione non basta passi in tv, dal giorno dopo i circoli si aprano, distribuiscono i volantini, fermino la gente, vadano davanti alle fabbriche. Questo è il valore della militanza, con strumenti antichi e solidi. Così si chiude il dibattito su partito liquido e solido: raccogliamo il voto di opinione, parliamo all’opinione pubblica e ai media ma teniamo porte e finestre spalancate con i circoli. Facendo del rigore e della pulizia i criteri di scelta dei dirigenti ben oltre le responsabilità penali. Controllate, denunciate, alzate la voce".

domenica 15 marzo 2009

Franceschini: unificare data referendum e elezioni europee

"Votare in due giorni diversi per elezioni e referendum comporterà un costo in più di oltre 460 milioni di euro, perchè buttare questi soldi dello Stato e dei cittadini?. Il PD propone di utilizzarli per potenziare con uomini e mezzi le forze dell'ordine, acquistare il carburante alle volanti, riparare quelle ferme, perchè rotte, e pagare gli straordinari al personale".

Franceschini presenta la mozione del PD per l'assegno ai disoccupati.Il Governo risponde: NO!

Presentazione della mozione sull'assegno di disoccupazione
Signor Presidente, in questi giorni abbiamo ascoltato nel dibattito fuori da quest'Aula e in parte anche dentro - e immagino lo sentiremo dopo - che noi neghiamo che la crisi sia un problema globale e cerchiamo di strumentalizzarla per scaricare le responsabilità sul Governo di centrodestra guidato da Berlusconi. Naturalmente nessuno di noi ha mai immaginato di farlo, perché sappiamo che la crisi è globale, che attraversa tutti i Paesi e che va affrontata con risposte che vanno ben oltre i confini nazionali.Sappiamo anche che la crisi impatta in modo diverso sulle singole economie nazionali e sulla vita delle famiglie e delle persone, in base alla forza o alla fragilità della singola economia nazionale (la nostra purtroppo è tra le più fragili), ma soprattutto in base agli interventi che i singoli Governi mettono in campo per fronteggiare l'emergenza della crisi.Abbiamo l'assoluta consapevolezza che le misure che abbiamo proposto, a cominciare dall'assegno mensile di disoccupazione, non sono una risposta strutturale alla crisi. Non lo abbiamo mai pensato, ma sappiamo che, proprio in un momento di difficoltà, chi guida un Paese, al di là del colore politico che rappresenta, ha il dovere di cercare risposte strutturali e di cominciare a lavorarci, ma contemporaneamente di immaginare come affrontare l'emergenza, le situazioni drammatiche in cui rischiano di precipitare o sono già precipitate migliaia di persone. Non si può dire a quelle persone, in attesa che la crisi venga superata con interventi strutturali, di arrangiarsi.Ricordo che nella mia terra, la pianura padana (ci sono molti parlamentari, in particolare della Lega, ma non solo, che vengono da quella terra), quando il nostro grande fiume, il Po, stava per straripare a causa di un'ondata di piena, la gente del Po, che viveva sotto gli argini, non discuteva su quali fossero gli interventi per ristrutturare gli argini stessi, ma correva, in un meccanismo di solidarietà, a mettere pile di sacchi di sabbia che nell'emergenza impedissero al fiume di straripare. In seguito, dopo aver affrontato l'emergenza, si mettevano a discutere su come rafforzare gli argini. È esattamente quello che noi stiamo cercando di fare e che vi proponiamo, soltanto con il buonsenso dell'azione di Governo, sapendo che nel Paese ci sono tante gerarchie di povertà e di paura, una più grave dell'altra.Ci sono le persone che hanno gli stipendi e i salari bassi, che non ce la fanno ad arrivare a fine mese, quelli che noi avevamo immaginato di aiutare da subito, se avessimo vinto le elezioni. Poi è scoppiata la crisi e sono emerse gerarchie di gravità sempre maggiori. Ci sono i disoccupati da tanto tempo, in particolare quelle fasce di disoccupati sopra i cinquant'anni, che vivono nella disperazione di aver perso posto di lavoro e di non sapere più come rientrare a quell'età nel circuito attivo. Ci sono quelli che hanno perso il posto di lavoro e hanno meccanismi di protezione sociale, a cominciare dalla cassa integrazione. Il Ministro Brunetta ha detto che va tutto bene ed è una meraviglia. Lo ha ripetuto anche poco fa, con toni diversi, il Ministro Sacconi. Contemporaneamente, pochi minuti fa, la CISL della Lombardia ha indicato che non ci sono più risorse per gli strumenti di cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Ci sono alcune categorie di lavoratori che hanno un meccanismo che li aiuta nel momento della crisi della propria azienda o della perdita del posto di lavoro, ma ce ne sono centinaia di migliaia che, dopo aver vissuto già una situazione di precarietà e di inferiorità strutturale sul posto di lavoro, rischiano, una volta che l'hanno perso, di precipitare a reddito zero.Poi ci sono quelli che noi abbiamo incontrato ieri, che rappresentano la povertà estrema, di cui non si parla. Nella politica italiana c'è la paura di usare la parola «poveri», invece i poveri ci sono e purtroppo stanno crescendo. Sono persone, come ci hanno raccontato ieri le associazioni, che non hanno nulla da mangiare e molto spesso non hanno un posto dove dormire.Allora, come si affrontano queste diverse emergenze? Per quelli che perdono il posto di lavoro e non hanno ammortizzatori sociali, noi anche in questo caso proponiamo di fare le due operazioni: interventi strutturali e interventi per l'emergenza 2009. Di interventi strutturali siamo pronti a discutere con il Governo e con le parti sociali, se avranno un qualche interesse. Pensiamo che entro il 2009 si debba lavorare per un ridisegno e una semplificazione di tutti gli ammortizzatori sociali che sono in campo, con l'obiettivo di rivolgerci a tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto che avevano quando lavoravano.Poi c'è l'emergenza, che impone di non lasciare centinaia di migliaia di persone di colpo a reddito zero (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Per questo motivo, abbiamo proposto - la mozione che sarà votata tra poco prevede una cosa precisa - un assegno mensile di disoccupazione del 60 per cento dell'ultima retribuzione mensile per tutti quelli che hanno perso o perderanno il posto di lavoro durante la crisi, cioè dal 1o settembre 2008 al 31 dicembre 2009, Pag. 65immaginando che questo periodo servirà per la riforma degli ammortizzatori sociali, evitando però intanto di lasciarli nella disperazione e nella paura del futuro.Anche perché non c'è cosa più sbagliata che immaginare che nella crisi anche le situazioni di povertà e di difficoltà personali possano essere messe le une contro le altre, fare scontrare i diversi gradi di povertà tra di loro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo fa esplodere il tessuto sociale del Paese! Questo rende una parte del territorio terreno fertile per la criminalità organizzata, perché quando ci sono migliaia di persone che non hanno i soldi per fare la spesa o per comprare i vestiti per i figli, forse cedono anche rispetto al loro livello di moralità o a quello che vorrebbero fare nella vita rispettando la legge!Noi vi abbiamo proposto una misura, illustrando le coperture. Anche il discorso che si tratta di demagogia, questa parola ripetitiva: qualsiasi cosa diciamo in dieci, dodici, ci si preoccupa di andare in televisione dicendo: demagogia, demagogia! Se uno dice che domani è venerdì: è demagogia! Rispondete nel merito: dite di sì o di no!La nostra proposta ha delle coperture precise, è stata preparata da esperti, è stata preparata, solo in questo ramo del Parlamento, da Bersani, Letta, Damiano, ossia persone che hanno avuto responsabilità di Governo (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e abbiamo indicato la copertura principale di questa operazione. Non costa tanto, perché abbiamo calcolato - e siamo stati prudenti - 500 o 600 mila disoccupati; abbiamo detto che servono 5 miliardi di euro. Vorrei che voi diceste a quegli italiani che non siete in condizione di trovare 5 miliardi, dopo che li avete buttati dalla finestra con l'eliminazione dell'ICI sui redditi alti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Italia dei Valori) e che li avete buttati dalla porta e dalla finestra con il suicidio dell'operazione Air France-Alitalia.Ma quei 5 miliardi, in gran parte, ci sono già nei 9 miliardi degli ammortizzatori sociali! È un'operazione giusta, ma che richiede mesi per entrare in vigore, perché le procedure, l'estensione, la dichiarazione di crisi sulle piccole e medie imprese comunque comporta dei mesi; noi diciamo: intanto, se ci sono, utilizziamo subito quelle risorse per chi ha perso il posto di lavoro e non ha meccanismi di protezione. Sappiamo poi che tutto questo ha un impatto sulla vita delle persone, ed Pag. 66è il nostro primo problema; ma ne abbiamo un altro, che è quello di aumentare i consumi, perché una persona che ha zero euro e se ne trova 600, 700 o 800 non li mette nel risparmio, li mette tutti nel circuito dei consumi e questo è un modo per far ripartire l'economia. A meno che voi non pensiate che una persona che non ce la fa a vivere con il suo stipendio abbia la preoccupazione di costruire il 20 per cento di cubatura in più nella sua casa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Italia dei Valori)! Se ha un po' di soldi in più li usa per i figli, li usa per la spesa, li usa per le urgenze della vita: questo è il modo di far ripartire i consumi!Anche per la povertà estrema noi abbiamo proposto questo, con un meccanismo molto esplicito e molto chiaro: per i comuni e per le associazioni di volontariato, 2 punti di IRPEF sui redditi dai parlamentari compresi in su, sopra i 120 mila euro, un contributo di solidarietà straordinario per il 2009 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), in attesa che anche in questo campo, il campo della povertà estrema, si effettuino misure strutturali, come il reddito minimo garantito e il reddito di solidarietà attiva, che è un'idea di altri Paesi a cui dobbiamo guardare. Abbiamo detto che per la seconda copertura (ne hanno parlato poco i giornali) bisogna andare sui soggetti che non raggiungono i 120 mila euro nella dichiarazione dei redditi, ma che magari li raggiungono nel reddito effettivo. Lì bisogna riprendere la lotta all'evasione, non in modo generico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): bisogna tornare alla tracciabilità dei pagamenti, tornare subito al limite massimo dei trasferimenti in contanti!C'è una differenza tra noi e voi, c'è una differenza di fondo, al di là delle singole scelte: noi pensiamo che nella crisi debbano scattare i meccanismi di solidarietà nelle comunità, voi pensate che nella crisi sia inevitabile che qualcuno soccomba e qualcuno si salvi. Noi sappiamo che il Paese si salva tutto assieme o non si salva nessuno

giovedì 12 marzo 2009

400 milioni di euro sacrificati.....per non cambiare legge elettorale



Vogliono fissare la date del referendum sulla legge elettorale in un giorno diverso dalle altre elezioni. In tempo di crisi, abbiamo 400 milioni di euro da spendere? Oppure si preferisce buttarli dalla finestra per giocare la partita del non raggiungimento del quorum per mantenere questa schifezza di legge elettorale.

mercoledì 11 marzo 2009

Piano casa di Berlusconi....due interessanti commenti

Le note che seguono sono tratte dal Blog di Marta Meo, della segreteria regionale PD del Veneto. A parte l'argomento il blog di Marta è interessante e da seguire. Insomma i giovani dirigenti il PD li ha. Impariamo a conoscerli

Il Veneto che va piano e certo non lontano
Marzo 11th, 2009 by Marta
Lo dice esplicitamente Giancarlo Galan, governatore del Veneto: “La legge è rivolta soprattutto ai proprietari di case singole e ai capannoni, perché quello è il nostro Veneto. Non nei centri storici ma nelle periferie”La dichiarazione è più che chiara: la legge serve solo a chi aggiunge alla propria casa isolata o al capannone della volumetria, il 20%, la tavernetta, la lavanderia, la stanza aggiuntiva. Pochissimi saranno quelli che demoliranno per arrivare al 30% di volumetria aggiuntiva, stesso dicasi per quelli che punteranno al 35% con la bioarchitettura e il risparmio energetico. Saranno pochissimi perché il gioco non vale la candela, perché la volumetria aggiuntiva (il differenziale tra il 20 e il 30%) non giustifica lo sforzo di demolizione e ricostruzione.
Credo quindi che in questa situazione noi del PD si debba dire alcune cose:Innanzitutto che invece che regalare volumetria a pioggia una amministrazione lungimirante dovrebbe investire in sviluppo e qualità. Sviluppo che passa, lo diciamo da sempre, a partire da una migliore dotazione infrastrutturale.
Su questa cosa, solo per fare un esempio, c’è da dire che Galan e la Regione Veneto non sono mai riusciti a mettersi d’accordo su un tracciato condiviso per l’alta velocità per cui i parlamentari veneti della PDL non sono certo andati a Roma a battersi perché l’alta velocità in Veneto venisse finanziata.E così tutti i progetti infrastrutturali finanziati dal Cipe (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) al nord si fermano in Lombardia così come da Allegato sulle infrastrutture dell’ultimo dpef (documento di programmazione economica e finanziaria).Del corridoio 5 non c’è traccia, del Veneto nemmeno (ne parla qui Tomat di Confindustria Veneto) questo a dimostrazione della capacità della PDL veneta di riuscire a portare a casa i fondi per i cantieri e le infrastrutture di cui il Veneto ha tanto bisogno per stare sul mercato, essere compettitvo, far lavorare le imprese ed uscire dalla crisi.Così per confondere un po’le acque si sono messi a regalare aumenti di volumetria ai piccoli proprietari con la conseguenza che in questo modo il Veneto, magari acconterà qualcuno, ma non andrà certo molto lontano, in tutti i sensi.
Il secondo nodo è quello della qualità, che non credo gli aumenti di volumetria, ancorché a seguito di demolizioni di edifici costruiti prima del 1989, portino necessariamente con sé. Forse (ipotesi tutta da verificare) potranno aumentare gli standard e il confort dei singoli edifici, ma non necessariamente la qualità urbana. Allora qui si tratta veramente di decidere se crediamo che le città debbano svilupparsi magari a densità un po’maggiori di quelle attuali a difesa del suolo ancora non edificato, anche a costo di operazioni (non certo semplici) di demolizione e ricostruzione, con azioni quindi di rottamazione di edifici non più adatti agli standard abitativi delle famiglie di oggi, oppure se siamo del tutto indifferenti al suolo.Io personalmente sono di questa ipotesi: rottamare dove e se si può l’edilizia che non è più adatta agli standard abitativi delle famiglie di oggi (anche per evitare la formazione di ghetti di soggetti deboli come anziani e extracomunitari), elevare gli standard in materia di risparmio energetico, creare le condizioni per facilitare le economie di scala in materia di servizi, multiutilities e trasporti pubblici. E al contempo disincentivare l’uso di suolo vergine al posto di riusare, ristrutturare o ricostruire.Tutte cose che mi paiono semplici e sensate e che la PDL con queste politiche di cortissimo respiro non sta certo portando avanti, ma che potrebbero diventare patrimonio di un partito lungimirante come il PD vuole essere.Posted in Uncategorized 5 comments

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Più tavernette e meno città
Marzo 9th, 2009 by Marta
Sto leggendo qua e là commenti vari alle novità del governo B: il cosiddetto “piano casa” da 550 milioni di euro a livello nazionale e l’aumento delle volumetrie per edifici costruiti prima del 1989.Due considerazioni sul primo e sul secondo provvedimento.Primo: il cosiddetto piano casa con i suoi 550 mln di € di investimento è davvero ben poca cosa se consideriamo che le grandi areee metropolitane (Roma, Milano e Napoli) avranno bisogno di investimenti maggiori a fronte di una domanda elevata, potrebbero realisticamente rimanere si e no 400 mln di € da dividere per 20 regioni.20 mln di € che nel caso di una regione come il Veneto dividendo (molto a spanne, ma è per rendere l’idea) per le sette province porterebbe a ciascuna 2,8 mln di €, ovvero interventi da 28/30 appartamenti per provincia. Quantità che anche solo con delle verifiche serie sul permanere delle condizioni di titolarità ad occupare case popolari ci farebbero recuperare a costo zero forse molti più appartamenti.Certo l’esiguità dell’investimento, potrebbe far pensare a progetti a lungo termine come l’allora piano ina casa voluto da Fanfani nel 1949 durò fino al 1963, ma questo, ci si dirà, ovviamente dipende dalla portata e dalla lunghezza di una crisi che non conosciamo ancora abbastanza.Secondo: l’aumento delle volumetrie per ovvie ragioni di difficoltà nell’esproprio di condomini andrebbe realisticamente a regalare nuova volumetria principalmente alle piccole proprietà indivise a bassa densità insediativa con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di traffico, servizi, infrastrutture ed erosione del territorio, cosa già ben evidenziata da Franceschini.
Ma la cosa che davvero sfugge in tutto questo è una domanda a mio avviso fondamentale: che idea di città o anche solo insediativa c’è dietro tutto questo?Perché, soprattutto in questo secondo caso, si tratterà di premi in volumetria che andranno a favore della rendita nella città diffusa senza alcuna attenzione per la qualità del vivere e dell’abitare nei centri urbani, insomma per intenderci: più tavernette e meno città con buona pace della lotta allo smog, del contenimento dei costi dei servizi, etc etc.E poco dopo che in finanziaria Tremonti aveva tagliato i fondi alle scuole nei piccoli centri giustificando il tutto con la necessità di accorpare per risparmiare, con l’altra mano sempre questo governo regala della volumetria a favore di un’idea di sviluppo insediativo dispersivo e oneroso per la collettività.

lunedì 9 marzo 2009

L'aria fresca, rinverdisce i boschi

E alla fine anche su Pordenone soffia un venticello di aria nuova. La vittoria di Giorgio Zanin alle primarie per l'elezione del Candidato alla presidenza della Provincia, fa ben sperare per il futuro del PD, e sopratutto deve far pensare i maggiorenti che governano il Partito provinciale. Ne escono sconfitti, e non è bastato coalizzarsi tra di loro per superare la richiesta di facce nuove, di persone che si mettono in gioco solo con le loro idee , senza avere padri, padrini o padroni alle spalle. Forse anche a Pordenone il PD può sperare in un futuro......

venerdì 6 marzo 2009

Domenica 8 marzo Elezioni primarie per la scelta del Candidato Presidente della Provincia

PRIMARIE DEMOCRATICHE
8 Marzo 2009 dalle 9.00 alle 21.00
nell'occasione deciderai il candidato alla guida della Provincia.

2 le candidature proposte:
Sergio Chiarotto
Sergio Chiaretto È nato a Sesto al Reghena nel 1942, ma dopo pochi mesi la famiglia si è trasferita a San Vito: è questo il luogo dove Sergio Chiarotto è cresciuto, ha frequentato le scuole elementari e medie, la chiesa e l’oratorio. Laureato in Filosofia dal 1968 ha insegnato Storia e Filosofia prima al Liceo classico poi al liceo scientifico Grigoletti di Pordenone sino al 1986. Da allora, avendo vinto un concorso, è preside di scuola media superiore; ha svolto le sue funzioni al liceo scientifico di Maniago, quindi al liceo Leopardi ( diventato poi Leopardi-Majorana). «Il Pd sta attraversando un momento drammatico: crisi di credibilità, incertezza nell'identità politico-culturale e di conseguenza calo di consensi. In questa fase allora tutte le energie vanno unitariamente impegnate per rinforzare e ridare anima e coraggio al partito"
Giorgio Zanin

Giorgio Zanin ha 44 anni ed è nato e cresciuto a San Vito (dove vive). È sposato con Alice Arioli e insegna lettere. È stato presidente delle Acli e non proviene da partiti. Si è avvicinato al Pd dopo la nascita del Partito e la sua candidatura alla Provincia è stata lanciata dal sindaco del capoluogo, Sergio Bolzonello, nel corso di un convegno. Da allora la candidatura di Zanin si è fortificata sino a raggiungere ambienti, pur di area centrosinistra, ma non iscritti al Pd. La candidatura di Zanin per le primarie è stata la prima ad essere presentata in segreteria e solo il giorno successivo è arrivata quella di Sergio Chiarotto. «Ho accettato di candidarmi su richiesta di un gruppo di delegati e, soprattutto, di persone che si sono spese e si spendono per il Pd, convinte che dovrà essere un vero nuovo partito fondato su meccanismi realmente trasparenti e democratici».

A Fontanafredda si vota presso le ex scuole di Talmassons in via Stringher

lunedì 2 marzo 2009

Un articolo di Ilvo Diamanti

Gli ex-voto del Pd esuli in Italia
di ILVO DIAMANTI
Repubblica 1 marzo 2009


SCOMPARSI. Molti elettori che un anno fa avevano votato per il Pd: chissà dove sono finiti. I sondaggi condotti dai maggiori istituti demoscopici, infatti, oggi stimano il voto al Pd fra il 22 e il 24%. Alcuni anche di meno. L'IdV di Antonio di Pietro, parallelamente, ha pressoché raddoppiato i consensi e si attesta intorno al 9%. Le diverse formazioni riunite un anno fa nella Sinistra Arcobaleno, infine, hanno risalito la china, ma di poco. Nell'insieme, queste stime di voto non danno risposta al quesito. Anzi: lo rilanciano. Dove sono finiti gli elettori che avevano votato per il Pd nel 2008? Rispetto ad allora mancano circa 10 punti percentuali. L'IdV ne ha recuperato qualcuno. Ma non più di 2 o 3, secondo i flussi rilevati dai sondaggi. E gli altri 7-8? Quasi 3 milioni di elettori: svaniti. O meglio: invisibili a coloro che fanno sondaggi. Perché si nascondono. Non rispondono o si dichiarano astensionisti. Oppure, ancora, non dicono per chi voterebbero: perché non lo sanno. Certamente, non si tratta di una novità. L'incertezza è una condizione normale, per gli elettori. D'altronde, è da tempo che non si vota più per atto di fede. Inoltre, non si è ancora in campagna elettorale. E di fronte non ci sono elezioni politiche, ma altre consultazioni, nelle quali gli elettori si sentono più liberi dalle appartenenze. Come dimenticare, d'altronde, che il centrodestra ha perduto tutte le elezioni successive al 2001? Amministrative, europee, regionali. Fino al 2006: tutte. Forza Italia, in particolare. Nei mesi seguenti alle regionali del 2005 i sondaggi la stimavano sotto il 20%. Dieci punti in meno rispetto al 2001. Come il Pd oggi. Ridotto al rango del Pds nel 1994. Sappiamo tutti cosa sia successo in seguito. Parte degli elettori di FI sono rientrati a casa, trascinati dal loro leader. Mobilitati dal richiamo anticomunista. Dalla paura del ritorno di Prodi, Visco e D'Alema.

Se ne potrebbe desumere che qualcosa del genere possa avvenire, in futuro, anche nella base elettorale del Pd. Ma ne dubitiamo. Non solo perché un richiamo simmetrico, in nome dell'antiberlusconismo, oggi è già largamente espresso - urlato - da altri attori politici. Primo fra tutti: Di Pietro. Non solo perché le elezioni europee - come abbiamo detto - non sono percepite come una sfida decisiva. Visto che sono, appunto, europee. Ma perché la defezione dichiarata nei confronti del Pd ha un significato diverso da quella che colpiva il centrodestra negli anni del precedente governo Berlusconi. Allora, gli astenuti reali (rilevati alle elezioni) e potenziali (stimati dai sondaggi), tra gli elettori di FI, erano semplicemente "delusi". Insoddisfatti dell'andamento dell'economia e dell'azione del governo. Il quale aveva alimentato troppe promesse in campagna elettorale. Difficili da mantenere anche in tempi di crescita globale. Mentre, dopo l'11 settembre del 2001, quindi subito dopo l'insediamento, era esplosa una crisi epocale, destinata in seguito ad aggravarsi. Si trattava, perlopiù, di elettori senza passione. Moderati oppure estranei alla politica. Non antipolitici. Semplicemente impolitici. Non era impossibile risvegliarli. Spingerli ad uscire di nuovo allo scoperto. Il caso degli elettori del Pd è molto diverso, come si ricava da alcuni sondaggi recenti di Demos. Coloro che, dopo averlo votato un anno fa, oggi si dicono astensionisti, agnostici o molto incerti (circa il 30% della base PD) appaiono elettori consapevoli, istruiti, politicamente coinvolti. Rispetto agli elettori fedeli del PD, si collocano più a sinistra. Si riconoscono nei valori della Costituzione. Sono laici e tolleranti. Ça va sans dire. Oggi nutrono una sfiducia totale nei confronti della politica e dei partiti. Anzitutto verso il Pd, per cui hanno votato. Per questo, non si sentono traditori, ma semmai traditi. Perché hanno creduto molto in questo soggetto politico. Per cui hanno votato: alle elezioni e alle primarie. E oggi non riescono a guardare altrove, a cercare alternative. La loro sfiducia, d'altronde, si rivolge oltre il partito di riferimento. Anzi: oltre i partiti. Oltre la politica. Si allarga al resto della società. Agli altri cittadini. Con-cittadini. Rispetto ai quali, più che delusi, si sentono estranei. Gli ex-democratici. Guardano insofferenti gli italiani che votano per Berlusconi e per Bossi. Quelli che approvano le ronde e vorrebbero che gli immigrati se ne tornassero tutti a casa loro. La sera. Dopo aver lavorato il resto del giorno nei nostri cantieri. Gli ex-democratici. Provano fastidio - neppure indignazione - per gli italiani. Che preferiscono il maggiordomo di Berlusconi a Soru. Che guardano Amici e il Festival di Sanremo, il Grande Fratello. Che non si indignano per le interferenze della Chiesa. Né per gli interventi del governo sulla vicenda di Eluana Englaro. Non sono semplicemente delusi e insoddisfatti, come gli azzurri che, per qualche anno, si allontanarono da Berlusconi. Ma risposero al suo richiamo nel momento della sfida finale. Questi ex-democratici. Vivono da "esuli" nel loro stesso paese. Lo guardano con distacco. Anzi, non lo guardano nemmeno. Per soffrire di meno, per sopire il disgusto: si sono creati un mondo parallelo. Non leggono quasi più i giornali. In tivù evitano i programmi di approfondimento politico, ma anche i tiggì (tutti di regime). Meglio, semmai, le inchieste di denuncia, i programmi di satira. Che ne rafforzano i sentimenti: il disprezzo e l'indignazione. Questa raffigurazione, un po' caricata (ma non troppo), potrebbe essere estesa a molti altri elettori di sinistra (cosiddetta "radicale"). Scomparsi anch'essi nel 2008 (2 milioni e mezzo in meno del 2006: chi li ha visti?). Non sarà facile recuperarli. Per Franceschini, Bersani, D'Alema, Letta. Né per Ferrero, Vendola, lo stesso Di Pietro. Perché non si tratta di risvegliare gli indifferenti o di scuotere i delusi. Ma di restituire fiducia nella politica e negli altri. Di far tornare gli esuli. Che vivono da stranieri nella loro stessa patria.
(1 marzo 2009) ;

domenica 1 marzo 2009

Politica e Web: un contributo di Giuseppe Civati, consigliere regionale del PD in Lombardia

Una curiosa polemica ha attraversato i giorni difficili che sono seguiti alle dimissioni di Veltroni e all’elezione di Franceschini: il confronto aspro tra i sostenitori della rete e quelli che hanno voluto riproporre un’idea tradizionale del dibattito politico e della sua organizzazione. A cominciare dal nuovo gruppo dirigente si sono sentite parole di diffidenza nei confronti dei blog e della vita politica sul web, come se si trattasse di qualcosa di parziale e, alla luce dei risultati di sabato, insignificante per il dibattito politico del Partito Democratico. Mi pare una lettura anti-moderna e preoccupante, lontana mille miglia anche dall’impostazione che lo stesso Pd si era voluto dare, attraverso un protagonismo del partito sulla rete, da Facebook a YouDem, per capirci, per non dire degli innumerevoli blogger (“di area”, si sarebbe detto un tempo) che quotidianamente pubblicano e discutono sulla rete. Si sono volute contrapporre queste forme di partecipazione e di dibattito al più tradizionale incontro presso i circoli, come se si trattasse di mondi che non comunicano. Ciò è, bisogna dirlo, molto impreciso. Tra i blogger politici più letti e ascoltati, con numeri che arrivano in vari casi a qualche migliaio di lettori quotidiani (dati che si avvicinano a quelli di alcuni giornali nazionali), si conta Marta Meo (martameo.net) che è coordinatrice di un circolo di Venezia e siede nella segreteria regionale del Veneto. O Andrea Mollica (andreamollica.blogspot.com), che segue Obama da Luino sul Lago Maggiore ed è coordinatore del Pd nella sua città, nonché membro della segreteria provinciale di Varese. E, ancora, i tanti che, pur discutendo in rete, sono anche protagonisti della vita politica all’interno della loro comunità. Non è, però, solo questo: è che il mondo è «grande e terribile» e le relazioni qualificano da sempre la vita politica, nelle diverse forme in cui si presentano e si articolano. E non sono mai pericolose, se non per chi coltiva il conformismo e l’inerzia. Non c’è alcun bisogno di una frattura tra le ‘gerarchie’ e i ‘protestanti’, che guardano alle prime con sospetto e rifiutano un confronto, ma di vasi che comunicano e steccati che cadono per diventare tutti più credibili, in un dibattito vivo e responsabile, nei circoli, sul web e, insomma, nella società. Quella vera, che vive e che comunica, non solo quella di cui parliamo nei convegni e nei comizi. Non dimentichiamoci che la questione numero uno che ci tocca affrontare riguarda la distanza da accorciare verso la politica prima ancora che verso il Pd. Il ‘solito’ Obama ha saputo trasformare relazioni virtuali in reale iniziativa politica. Personalissima e a misura di ciascuno, eppure universale e aperta a tutti. Questo non è marketing: si chiama politica.
(Unità, 1 marzo 2009)

Dopo la vicenda di Eluana Englaro e i dibattito in corso sul testamento biologico, a mente fredda e lucida dobbiamo riflettere su questi temi.

Vivere e morire secondo il Vangelo
Padre Enzo Bianchi , Priore di Bose


"C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare" ammoniva Qohelet, così come "c’è un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per uccidere e un tempo per guarire...". Veniamo da settimane in cui questa antica sapienza umana – prima ancora che biblica – è parsa dimenticata: anche tra i pochi che parlavano per invocare il silenzio v’era chi sembrava mosso più che altro dal desiderio di far tacere quanti la pensavano diversamente da lui. Soprattutto si è avuto l’impressione che l’insieme della nostra società non avesse certezze condivise sulla scansione dei diversi "tempi" e sul significato dei diversi verbi usati da Qohelet a indicare lo scorrere dell’esistenza umana: quando è "tempo" per questo o per quell’altro? E cosa significa parlare, morire, uccidere, guarire? Uno smarrimento di senso condiviso che ha coinvolto anche parole forti attinenti ai principi fondamentali dell’etica: dignità, libertà, volontà, rispetto, carità, vita...
Le settimane appena trascorse saranno sicuramente ricordate come "giorni cattivi" da molti cristiani, ma anche da molti uomini e donne non cristiani che tentano ogni giorno di rinnovare la loro ricerca di senso, soprattutto attraverso la faticosa lotta dell’amare in verità e dal lasciarsi amare da quanti sono loro accanto. "Giorni cattivi" è un’espressione biblica che indica tempi privi di una parola da parte di Dio, da parte dei suoi profeti e quindi anche privi di parole umane sincere, vere, autentiche: tempi in cui si fa silenzio per non aumentare il rumore, la rissa, l’aggressione nella comunità umana e per evitare che parole sensate vengano triturate insieme alle insensate e non si riesca poi più a recuperarle per giorni migliori. Per questo molti hanno preferito il silenzio. Da parte mia confesso che, anche se il direttore di questo giornale mi ha invitato più volte a scrivere, ho preferito fare silenzio anzi, soffrire in silenzio aspettando l’ora in cui fosse forse possibile – ma non è certo – dire una parola udibile.
Attorno all’agonia lunga diciassette anni di una donna, attorno al dramma di una famiglia nella sofferenza, si è consumato uno scontro incivile, una gazzarra indegna dello stile cristiano: giorno dopo giorno, nel silenzio abitato dalla mia fede in Dio e dalla mia fedeltà alla terra e all’umanità di cui sono parte, constatavo una violenza verbale, e a volte addirittura fisica, che strideva con la mia fede cristiana. Non potevo ascoltare quelle grida – "assassini", "boia", "lasciatela a noi"... – senza pensare a Gesù di Nazaret che quando gli hanno portato una donna gridando "adultera" ha fatto silenzio a lungo, per poterle dire a un certo punto: "Donna (non "adultera"), neppure io ti condanno: va’ e non peccare più"; non riuscivo ad ascoltare quelle urla minacciose senza pensare a Gesù che in croce non urla "ladro, assassino!" al brigante non pentito, ma in silenzio gli sta accanto, condividendone la condizione di colpevole e il supplizio. Che senso ha per un cristiano recitare rosari e insultare? O pregare ostentatamente in piazza con uno stile da manifestazione politica o sindacale?
Ma accanto a queste contraddizioni laceranti, come non soffrire per la strumentalizzazione politica dell’agonia di questa donna? Una politica che arriva in ritardo nello svolgere il ruolo che le è proprio – offrire un quadro legislativo adeguato e condiviso per tematiche così sensibili – e che brutalmente invade lo spazio più intimo e personale al solo fine del potere; una politica che si finge al servizio di un’etica superiore, l’etica cristiana, e che cerca, con il compiacimento anche di cattolici, di trasformare il cristianesimo in religione civile. L’abbiamo detto e scritto più volte: se mai la fede cristiana venisse declinata come religione civile, non solo perderebbe la sua capacità profetica, ma sarebbe ridotta a cappellania del potente di turno, diverrebbe sale senza più sapore secondo le parole di Gesù, incapace di stare nel mondo facendo memoria del suo Signore.
E’ avvenuto quanto più volte avevo intravisto e temuto: lo scontro di civiltà preconizzato da Huntington non si è consumato come scontro di religioni ma come scontro di etiche, con gli effetti devastanti di una maggiore divisione e contrapposizione nella polis e, va detto, anche nella chiesa. Da questi "giorni cattivi" usciamo più divisi e non certo per quella separazione in nome di Cristo che, con il comandamento nuovo dell’amore da estendersi fino ai nemici, può provocare divisione anche tra genitori e figli, all’interno della famiglia o della "casa" di appartenenza. Abbiamo invece conosciuto divisione in nome di quel male che affligge l’umanità e che trasforma la diversità in demonizzazione dell’altro, muta l’avversario in nemico, interrompe o nega il confronto e il dialogo, dando origine a posizioni ideologiche capaci di violenza prima verbale poi fisica e sociale. Da un lato il fondamentalismo religioso che cresce, dall’altro un nichilismo che rigetta ogni etica condivisa fanno sì che cessi l’ascolto reciproco e la società sia sempre più segnata dalla barbarie.
Per chi come me ha pensato di dedicare tutte le fatiche alla ricerca del dialogo, del confronto, del faticoso cammino verso la comunione, innanzitutto nello spazio cristiano e poi tra gli uomini, e in questo sforzo sentiva di poter rendere conto della speranza cristiana che lo abita e di annunciare il vangelo che lo anima, questi giorni sono davvero cattivi. Come ignorare anche gli altri segni di barbarie cui stiamo assistendo in questa amara stagione? Leggi che chiedono ai medici di segnalare alle forze dell’ordine la presenza di clandestini che necessitano di cure mediche, vanificando così il diritto alla salute riconosciuto a qualunque essere umano; episodi ormai ricorrenti di giovani e ragazzi che danno fuoco a immigrati o a mendicanti; senzatetto di cui si prevede la schedatura mentre li si lascia morire di freddo; esercizio della violenza in branco verso donne o disabili...
Sì, ci sono state anche voci di compassione, ma nel clamore generale sono passate quasi inascoltate. L’Osservatore romano ha coraggiosamente chiesto – tramite le parole del suo direttore, il tono e la frequenza degli interventi – di evitare strumentalizzazioni da ogni parte, di scongiurare lo scontro ideologico, di richiamare al rispetto della morte stessa. Ma molti mass media in realtà sono apparsi ostaggio di una battaglia frontale in cui nessuno dei contendenti si è risparmiato mezzi ingiustificabili dal fine. Eppure, di vita e di morte si trattava, realtà intimamente unite e pertanto non attribuibili in esclusiva a un campo o all’altro, a una cultura o a un’altra. La morte resta un enigma per tutti, diviene mistero per i credenti: un evento che non deve essere rimosso, ma che dà alla nostra vita il suo limite e fornisce le ragioni della responsabilità personale e sociale; un evento che tutti ci minaccia e tutti ci attende come esito finale della vita e, quindi, parte della vita stessa, un evento da viversi perciò soprattutto nell’amore: amore per chi resta e accettazione dell’amore che si riceve. Sì, questa è la sola verità che dovremmo cercare di vivere nella morte e accanto a chi muore, anche quando questo risulta difficile e faticoso. Infatti la morte non è sempre quella di un uomo o una donna che, sazi di giorni, si spengono quasi naturalmente come candela, circondati dagli affetti più cari. No, a volte è "agonia", lotta dolorosa, perfino abbrutente a causa della sofferenza fisica; oggi è sempre più spesso consegnata alla scienza medica, alla tecnica, alle strutture e ai macchinari...
Che dire a questo proposito? La vita è un dono e non una preda: nessuno si dà la vita da se stesso né può conquistarla con la forza. Nello spazio della fede i credenti, accanto alla speranza nella vita in Dio oltre la morte, hanno la consapevolezza che questo dono viene da Dio: ricevuta da lui, a lui va ridata con un atto puntuale di obbedienza, cercando, a volte anche a fatica, di ringraziare Dio: "Ti ringrazio, mio Dio, di avermi creato...". Ma il credente sa che molti cristiani di fronte a quell’incontro finale con Dio hanno deciso di pronunciare un "sì" che comportava la rinuncia ad accanirsi per ritardare il momento di quel faccia a faccia temuto e sperato. Quanti monaci, quante donne e uomini santi, di fronte alla morte hanno chiesto di restare soli e di cibarsi solo dell’eucarestia, quanti hanno recitato il Nunc dimittis, il "lascia andare, o Signore, il tuo servo" come ultima preghiera nell’attesa dell’incontro con colui che hanno tanto cercato... Negli anni più vicini a noi, pensiamo al patriarca Athenagoras I e a papa Giovanni Paolo II: due cristiani, due vescovi, due capi di chiese che hanno voluto e saputo spegnersi acconsentendo alla chiamata di Dio, facendo della morte l’estremo atto di obbedienza nell’amore al loro Signore.
Testimonianze come queste sono il patrimonio prezioso che la chiesa può offrire anche a chi non crede, come segno grande di un anticipo della vittoria sull’ultimo nemico del genere umano, la morte. Voci come queste avremmo voluto che accompagnassero il silenzio di rispetto e compassione in questi giorni cattivi assordati da un vociare indegno. La chiesa cattolica e tutte le chiese cristiane sono convinte di dover affermare pubblicamente e soprattutto di testimoniare con il vissuto che la vita non può essere tolta o spenta da nessuno e che, dal concepimento alla morte naturale essa ha un valore che nessun uomo può contraddire o negare; ma i cristiani in questo impegno non devono mai contraddire quello stile che Gesù ha richiesto ai suoi discepoli: uno stile che pur nella fermezza deve mostrare misericordia e compassione senza mai diventare disprezzo e condanna di chi pensa diversamente.
Allora, da una millenaria tradizione di amore per la vita, di accettazione della morte e di fede nella risurrezione possono nascere parole in grado di rispondere agli inediti interrogativi che il progresso delle scienze e delle tecniche mediche pongono al limitare in cui vita e morte si incontrano. Così le riassumeva la lettera pontificale di Paolo VI indirizzata ai medici cattolici nel 1970: "Il carattere sacro della vita è ciò che impedisce al medico di uccidere e che lo obbliga nello stesso tempo a dedicarsi con tutte le risorse della sua arte a lottare contro la morte. Questo non significa tuttavia obbligarlo a utilizzare tutte le tecniche di sopravvivenza che gli offre una scienza instancabilmente creatrice. In molti casi non sarebbe forse un’inutile tortura imporre la rianimazione vegetativa nella fase terminale di una malattia incurabile? In quel caso, il dovere del medico è piuttosto di impegnarsi ad alleviare la sofferenza, invece di voler prolungare il più a lungo possibile, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va naturalmente verso il suo epilogo: l’ora ineluttabile e sacra dell’incontro dell’anima con il suo Creatore, attraverso un passaggio doloroso che la rende partecipe della passione di Cristo. Anche in questo il medico deve rispettare la vita".
Ecco, questo è il contributo che con rispetto e semplicità i cristiani possono offrire a quanti non condividono la loro fede affinché la società ritrovi un’etica condivisa e ciascuno possa vivere e morire nell’amore e nella libertà.