giovedì 19 novembre 2009
Domenica 15 Novembre 2009 00:00
TRIESTE La Regione faccia valere la sua specialità, chieda autonomia da Roma nella gestione dell'acqua, pensi all'Ato regionale unico. Perché altrimenti, sulla via della privatizzazione, quel patrimonio verrà sacrificato al business e i cittadini pagheranno bollette triplicate rispetto a oggi. L'allarme lanciato dal CeVi un paio di settimane fa in un convegno a Udine viene fatto proprio dal Pd che presenta una mozione per la difesa del servizio pubblico, si appella a Renzo Tondo e sfida la Lega Nord: «Si comporti coerentemente con la sua visione federalista».
E' un caso sociale e politico. Da un lato il rischio di un'acqua molto più costosa, dall'altro la polemica dell'opposizione, in particolare contro il Carroccio, accusato di non difendere più un bene pubblico e locale di inestimabile valore, contrariamente a quanto fece in era Illy quando sembrò a un certo punto decollare il progetto di una multiutility del Nordest.
La causa è nota. Nel settembre scorso un decreto emanato dal governo, accelerando la disciplina prevista dall'articolo 23 bis della legge 133 del 2008, ha chiuso il cerchio sulla privatizzazione imponendo agli enti locali di mettere a gara il servizio idrico. In sostanza, entro il 2011, Ato e Comuni dovranno consegnare al mercato la gestione dell'acqua potabile. Un percorso già avviato a Latina e in altre città del centro Italia con il conseguente aumento, perfino del 300%, delle tariffe.
Ieri in conferenza stampa Debora Serracchiani, Gianfranco Moretton e Paolo Menis, con i responsabili locali Cristiano Shaurli e Francesca Papais, oltre al capogruppo in Provincia di Udine Francesco Martines, hanno ribadito l'allarme del CeVi. Con tanto di mozione per impegnare Tondo e giunta ad attivarsi perché in caso di conversione del decreto in legge (domani il provvedimento approda alla Camera) il bene acqua sia dichiarato «privo di rilevanza economica» e «ad attivare un tavolo di confronto con il governo per ottenere lo stralcio della gestione del servizio idrico dalla normativa nazionale avocando a sé la competenza in materia».
«La nostra è una posizione forte e chiara - afferma il neosegretario regionale del Pd annunciando un'iniziativa di piazza a dicembre -: l'acqua è e deve rimanere un bene pubblico». Da parte di Moretton, dopo la ricostruzione del percorso che ha portato nel 2005 al recepimento della legge Galli, arriva quindi l'attacco politico: «Sono state sin qui molto gravi le assenza di Tondo e di una Lega che, al Senato, ha votato a favore del decreto. Vedremo se in Friuli Venezia Giulia i leghisti sapranno essere coerenti con le loro posizioni storiche».
La privatizzazione dell'acqua, aggiunge Menis, «non è un obbligo imposto dalla Ue ma una precisa scelta del governo per rispondere agli interessi delle multiutility del Nord». E ancora: «La Lega ha venduto l'acqua a Tremonti». Il segretario Fvg Pietro Fontanini non raccoglie la polemica ma assicura che il Carroccio «continuerà a difendere l'acqua dalla privatizzazione. Non a caso stiamo chiedendo che gli Ato passino alle Province, più pubblico di così…».
Con l'aiuto del CeVi ci sono anche i numeri. Ciascun cittadino della regione utilizza mediamente 196 litri di acqua al giorno, come in Germania (in Italia sono 293, in Francia 211), con uno spreco del 37% a causa del cattivo funzionamento delle reti idriche. Servirebbero 1,2 miliardi per rimettere a posto gli acquedotti regionali e un minimo aumento della tariffa, suggerisce Menis, «per convincere molta gente a contenere i consumi». Ieri intanto a Udine, in occasione della manifestazione "Funerale dell'acqua", il CeVi ha consegnato ai parlamentari 4mila firme. Un altro appello, spiegano Massimo Moretuzzo e Marco Iob, «prima che il bene più prezioso diventi nuovo business per privati e banche». (m.b.)
DA IL PICCOLO DI DOMENICA, 15 NOVEMBRE 2009
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