mercoledì 17 giugno 2009

California a un passo dal crac

15 giugno 2009

California a un passo dal cracLa forbice di Schwarzy sul welfare
«Non porto lo Stato alla rovina, è ora di mostrare cosa accadrà»
Dal nostro inviato Massimo Gaggi
NEW YORK - Un taglio sostanziale dell'assistenza ai poveri, agli anziani e ai disabili. Niente cure mediche per i bimbi senza assicurazione sanitaria. Meno fondi a una scuola pubblica già deficitaria. Via le borse di studio per gli studenti meritevoli. Via i «ranger» dai parchi dello Stato che diventeranno luoghi selvaggi. L'attore diventato governatore della California per anni si è portata dietro l'immagine del suo personaggio cine­matografico più popolare: Terminator. Ora Arnold Schwarzenegger ha deciso di interpretarlo sul set della politica spingendo i parlamentari locali a vota­re un sostanziale smantellamento del­lo Stato sociale. L'ultimo tentativo di far fronte al crollo delle entrate fiscali causato dalla recessione, dopo che gli elettori hanno bocciato la soluzione (un mix di tagli e aumenti di tributi) varata dal suo governo. «La nuova rotta - protestano le orga­nizzazioni dei disabili, - è quella del darwinismo sociale: sopravvivenza ga­rantita solo a chi è in buona salute».
Schwarzy è impazzito? Forse no, c'è del genio nella sua follia. E i progressi­sti di tutto il mondo faranno bene a te­nere d'occhio quello che accade in Cali­fornia, il posto dove «il futuro succede prima». Non sapendo più come mantenere in piedi una costosa rete di protezione sociale con le entrate fiscali che conti­nuano ad assottigliarsi e col termine per il riequilibrio del bilancio (fine lu­glio) che si avvicina, il governatore vuole far scoppiare le contraddizioni politiche. Ma vuole anche costringere i cittadini a toccare con mano le conse­guenze del loro voto. La prima bufera è scoppiata a sinistra: i sindacati, che in California sono molto più forti che nel resto degli Usa e sono decisivi per l'ele­zione dei parlamentari democratici, hanno chiesto ai loro rappresentanti di colmare il gigantesco deficit dello Sta­to con un aumento di 44 miliardi di dol­lari delle tasse sui ricchi, sul tabacco e sulle compagnie petrolifere.
L'Assemblea di Sacramento (a mag­gioranza democratica) non ha, però, al­cuna intenzione di adottare questa ri­cetta. «Con un'economia in terapia in­tensiva, altre tasse provocherebbero nel paziente un arresto cardiaco»: lo di­ce il leader dei repubblicani, Sam Blake­slee, ma lo pensano anche molti demo­cratici. Perfino quelli della sinistra radi­cale hanno spiegato ai leader delle «union» che non si può fare finta di nulla quando gli elettori bocciano i re­ferendum sugli aumenti delle tasse, compresi quelli sponsorizzati dai sinda­cati degli insegnanti e della polizia, i più influenti dello Stato. Insomma, anche la sinistra comincia a rassegnarsi all'idea che un ridimen­sionamento delle reti di protezione so­ciale sia inevitabile. Cerca, però, di limi­tarlo al minimo con vari espedienti, compreso il ricorso a nuovi debiti. Ma la California è già indebitatissima e, senza la garanzia federale, i nuovi pre­stiti arriverebbero con tassi d'interesse molto alti.
Così Schwarzenegger punta i piedi: «Non porto la California alla rovina: è ora di tagliare davvero le spese e mo­strare ai cittadini (che chiedono meno Stato) cosa succede quando si chiude bottega». La sua mossa crea scompi­glio tra i democratici, ma dovrebbe far venire i brividi anche ai progressisti eu­ropei, alle prese con problemi di finan­ziamento del «welfare» meno gravi ma non radicalmente diversi. La resa dei conti, però, potrebbe non avvenire solo a sinistra. Terminator è un animale politico anomalo: un repub­blicano cresciuto nel fronte reaganiano antitasse che si è poi alleato coi demo­cratici e ha rilanciato una serie di pro­grammi di intervento pubblico, ben di­versi dallo «Stato minimo» della destra conservatrice. Oggi, con la sua «follia», fa emergere un altro paradosso: i depu­tati repubblicani che chiedono meno tasse, meno Stato, meno assistenza, so­no eletti soprattutto in quella Central Valley agricola, molto più povera delle metropoli della costa, che assorbe assi­stenza pubblica in misura superiore a Los Angeles e San Francisco. Può darsi che, messi davanti alle conseguenze so­ciali del loro voto «antitasse», anche gli smantellatori del «welfare» venga­no assaliti dai dubbi.
Schwarzenegger è un improvvisato­re. È ruvido e spregiudicato. Magari al­la fine accetterà un compromesso su ta­gli meno traumatici, ricorrerà al credi­to o avrà un aiuto da Washington. Ma oggi con la sua durezza sta imponendo una feroce «operazione verità» all'inte­ro sistema politico californiano e ai suoi cittadini. Per la prima volta arriva al pettine il nodo - da molto tempo evocato - dell'impossibilità di sostenere un «wel­fare » generoso se l'economia non cre­sce non per difficoltà momentanee, ma per una crisi strutturale. Oggi succede sulle coste del Pacifico, domani potreb­be accadere su quelle del Mediterra­neo.

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